I can get no satisfaction…

 LEGGE DI MURPHY - Se qualcosa può andar male, lo farà.

CHIOSA DI O’TOOLE ALLA LEGGE DI MURPHY - Murphy era un ottimista.

CHIOSA DI GOLDBERG ALLA CHIOSA DI O’TOOLE - O’Toole era un ottimista.

(Arthur Bloch, Il terzo libro di Murphy,)

 
Picasso - Tragedy

 

 …Così dice un intramontabile hit dei Rolling Stones. Ma forse le cose non stanno proprio in questo modo. E nemmeno nel modo in cui sottolinea il libro di Murphy.

Infatti una teoria moderna del fato, per molti versi contrapposta all’angosciosa credenza che gli esiti delle nostre azioni siano sempre predeterminati da entità impalpabili e talvolta crudeli, può essere derivata da un saggio tanto celeberrimo quanto obliato nella realtà quotidiana, scritto nel 1993 dai quattro studiosi di matematica e marketing Boulding, Kalra, Staelin e Zheitaml. Ed è così che un nuovo orizzonte può aprirsi improvvisamente, con il conforto di una base scientifico-psicologica, anche per il più incallito dei pessimisti.

Il fulcro di questa “teoria della soddisfazione” sta nel riconoscere come i meccanismi della nostra mente che ci fanno oscillare dall’euforia alla depressione siano fortemente influenzati, se non determinati, da due variabili fondamentali, ossia la “soddisfazione attesa” (SA) e la “soddisfazione percepita” (SP). Entrambi i concetti saranno riferiti ad un particolare contesto, ad un certo periodo temporale di riferimento e ad un dato individuo scelto a caso.

Immaginiamo anche di partire da un periodo iniziale T in cui, riguardo ad un certo evento, non si nutre alcuna aspettativa, per cui si può supporre che la soddisfazione attesa sia pari a zero (ossia SA(T)=0) e che tanto valga anche per quella percepita (ossia SP(T)=0).

E’ probabile che, se l’evento in questione diviene progressivamente più vitale (ad esempio, la necessità di trovare un lavoro, o di riscuotere le dovute simpatie nei confronti di una persona), prima o poi la soddisfazione attesa in merito a tale evento cominci a crescere dal livello iniziale nullo fino a raggiungere, diciamo al tempo (T+1), un valore maggiore di zero, ossia si avrà SA(T+1)>0. Questa crescita della soddisfazione attesa rappresenta una crescita delle aspettative rispetto al periodo precedente, e quindi il livello della soddisfazione attesa in un qualunque istante T dipenderà necessariamente dal livello della soddisfazione attesa in un dato periodo precedente (T-1).

Però, è altrettanto evidente che le aspettative dipendono non solo dalle aspettative precedenti, ma anche dal livello di soddisfazione percepita nel periodo precedente, per cui anche  la SP (T-1) influenza il livello della soddisfazione attesa SA(T). In generale, soddisfazioni percepite crescenti comporteranno soddisfazioni attese crescenti.

In seguito ad una crescita delle aspettative di soddisfazione, la soddisfazione effettivamente percepita può continuare a mantenersi nulla, oppure risultare minore o maggiore rispetto alla soddisfazione percepita nel periodo precedente.

 E’ ora possibile introdurre quello che si potrebbe definire un primo postulato o la “legge fondamentale della soddisfazione”:

 

 1)    Ogni individuo si definirà soddisfatto se in un dato istante T la differenza tra la soddisfazione percepita e quella attesa sarà positiva o quantomeno nulla, ossia se SP(T)-SA(T)≥0.

Quindi la soddisfazione è soggettiva, perché decresce al crescere delle aspettative e/o al crescere della percezione di soddisfazione.

Se però nel periodo precedente (T-1) si era verificata una sensazione di soddisfazione, ossia se SP(T-1)-SA(T-1)≥0, allora nel periodo successivo è presumibile che la soddisfazione attesa risulti superiore alla soddisfazione attesa al tempo (T-1). Da quanto detto, è possibile enunciare la seconda legge fondamentale della soddisfazione, che ci dice che:

 

 2)    La soddisfazione attesa al tempo T cresce al crescere della soddisfazione attesa al tempo (T-1) e/o della soddisfazione percepita al tempo (T-1). In particolare, cresce al crescere della differenza tra soddisfazione percepita ed attesa al tempo precedente, ossia la crescere della differenza SP(T-1)-SA(T-1).

Nel grafico seguente sono state raffigurate tre possibili relazioni funzionali che legano la dinamica della soddisfazione attesa al tempo T (asse verticale) con quella della differenza tra soddisfazione percepita ed attesa al tempo (T-1) (asse orizzontale). In particolare, per semplicità si è supposta una relazione lineare. Passando però dall’individuo a (colore rosso) all’individuo c (colore verde) l’inclinazione della retta aumenta, il che vuol dire che uno stesso incremento della differenza SP-SA comporterà un aumento più alto per l’individuo c rispetto a quanto accadrebbe agli individui b ed a. In altre parole, c è pronto a far crescere molto più rapidamente le proprie aspettative, mentre dei tre individui a è il più prudente.

Inoltre, se l’origine degli assi corrisponde ad un certo “valore medio” sia della soddisfazione percepita sia di quella attesa (misurabile, ad esempio, sul totale degli individui di una popolazione), quando la differenza tra soddisfazione percepita ed attesa nel periodo precedente tende a zero (ossia quando si parte da una situazione di quasi equilibrio) l’individuo b fletterà le proprie aspettative verso il livello medio (origine degli assi). D’altra parte, l’individuo a - particolarmente ottimista o sprovveduto, a seconda delle circostanza - manterrà ancora per molto aspettative superiori alla media (dato che la retta della soddisfazione attesa di a incontra l’asse SP-SA molto a sinistra rispetto all’origine, in corrispondenza di una differenza molto negativa tra SP e SA), mentre una situazione opposta si verifica per l’individuo c, che è davvero esigente (o per certi aspetti pessimista), dato che la sua percezione attesa scende rapidamente sotto la media anche in condizioni in cui al tempo precedente la soddisfazione percepita si era mantenuta significativamente maggiore rispetto a quella attesa.

   

Finora si è supposto che le aspettative dipendano dalle percezioni reali del periodo precedente, ma è in realtà probabile che anche le percezioni reali dipendano dalle aspettative: più un dato istante si hanno aspettative alte, con tanto minore chiarezza si rischia di percepire la realtà, o meglio tanto più si percepirà una soddisfazione reale inferiore a quella effettiva. Si noti come, implicitamente, si stia dando praticamente per inevitabile la non perfetta misurabilità della soddisfazione effettiva, che sarà comunque approssimata dalla soddisfazione percepita. Da tutto ciò consegue la terza legge fondamentale della soddisfazione:

 

 3)    La soddisfazione percepita al tempo T cresce meno che proporzionalmente al crescere della soddisfazione attesa al medesimo tempo T (e decresce meno che proporzionalmente al decrescere di SA).

 Nel grafico seguente sono raffigurate due possibili curve che esprimono l’andamento della soddisfazione percepita in funzione della soddisfazione attesa. In particolare, notiamo sin d’ora come l’origine degli assi indicato con O potrebbe equivalere al valore medio della soddisfazione attesa (asse orizzontale) e della soddisfazione percepita (asse verticale) misurata sulla popolazione a cui appartiene l’individuo in questione, per cui tutti i punti identificati dalle coppie (SP, SA) appartenenti al quadrante cartesiano raffigurato sono comunque associati ad individui che presentano livelli di soddisfazione attesa e percepita superiori a tale media, anche qualora SP<SA.

 

A questo punto, le prime tre leggi permettono a chiunque di considerare situazioni personali per cercare di riscrivere episodi passati o analizzare in un’ottica diversa situazioni attuali. Chiaramente occorre capire se la posizione iniziale corrispondesse o meno allo stato di equilibrio tra soddisfazione attesa e percepita, oppure ad uno stato in cui una delle due prevalesse sull’altra.

Riflettendo, però, sulle conseguenze della terza legge della soddisfazione, non è difficile comprendere come, in assenza di ulteriori fattori esogeni, prima o poi ogni individuo posizionato al disotto della retta di equilibrio lungo cui SP=SA tenderà prima o poi a riportarsi verso tela retta di equilibrio, a causa del meccanismo di aggiustamento della soddisfazione percepita non proporzionale rispetto  alla dinamica della differenza tra soddisfazione percepita ed attesa. Tale dinamica è raffigurata nel grafico seguente, in cui l’individuo si sposterà progressivamente dal punto 1 al punto 2, dal 2 al 3 e così via sulla base di due possibili curve di aggiustamento.

 

Tra i motivi che possono spiegare il mancato aggiustamento verso l’equilibrio, potremmo immaginare che il meccanismo di aggiustamento potrebbe essere lunghissimo, al punto che nel frattempo l’individuo potrebbe recedere dal desiderio di soddisfazione in questione, o comunque riorientarlo verso altri  desideri.

Più probabilmente, si dovrà tenere presente il fatto che occorre includere nella dinamica delle modificazioni di aspettative e percezioni anche un ulteriore fattore che, in certi casi, finisce con il giocare un ruolo determinante. Ad esempio, se la situazione analizzata riguarda la ricerca di un lavoro, o di un lavoro più remunerativo, un evento esogeno rispetto al sistema di valori e di variabili finora descritto potrebbe essere rappresentato da un’improvvisa vincita alla lotteria che, molto probabilmente, ridurrebbe tanto la soddisfazione attesa quanto quella percepita. Più generalmente, possiamo enunciare la quarta ed ultima legge fondamentale della soddisfazione:

 

 4)    Sia la soddisfazione attesa, sia quella percepita dipendono da un insieme di fattori esogeni alla situazione vissuta e che possono anche capovolgere l’intensità ed il senso della variazione di soddisfazione tra due periodi successivi.  

Chiunque abbia avuto la pazienza di scorrere, anche rapidamente, le quattro leggi della soddisfazione, potrebbe ora chiedersi se tutto quello che accade dipenda o meno più dall’esterno che da noi stessi e, in particolare, se sentirsi “sfigati” o “fortunati” sia più un’impressione dettata da aspettative troppo alte o, di contro, adeguate alla soddisfazione percepita e non piuttosto un accanimento in un senso o nell’altro del destino.

Inoltre, qual’è la posizione ideale, se esiste? Occorre sempre tendere verso l’equilibrio SA(T)=SA(P) (prudenza), oppure è meglio cercare di permanere il più possibile nell’area in cui la soddisfazione percepita supera quella attesa (rischio)?

Forse, per rispondere, basta considerare che se ognuno di noi avesse una visione chiara sia della realtà sia delle proprie aspettative reali, e quindi delle proprie necessità reali, difficilmente cadrebbe in situazione in cui la soddisfazione percepita risulta significativamente inferiore a quella attesa. Quindi, qualunque fossero gli effetti del caso (equiparabili all’insieme di fattori esogeni di cui si parla nella quarta legge) non avvertiremmo mai sentimenti di sfiducia, delusione, frustrazione, sfortuna.

Dato che però solo in certi momenti riusciamo a vedere così bene quel che ci circonda, e che quindi non di rado potremmo cadere nell’area in cui SP<SA, è opportuno creare attorno a noi stessi un insieme di situazioni che quasi certamente ci possano ricondurre verso la zona di equilibrio. Gli affetti sono un esempio di fattori che contribuiscono al riequilibrio nelle fasi difficili, così come il credere fortemente in alcuni ideali o nella possibilità di realizzare concretamente dei progetti importanti.

In altri termini, un atteggiamento di chiusura verso la realtà, inconsciamente percepito come uno strumento per dominarla, finisce con il causare quasi sempre l’allontanamento dai possibili fattori di salvataggio nei periodi in cui alcuni fattori esogeni determinano la percezione di scarsa soddisfazione. 

Chi si trova, anche occasionalmente, nella zona in cui SP>SA, può rimanerci? Per quanto tempo? Probabilmente è insito nella natura umana aggiustare verso l’alto le proprie aspettative in seguito ad un incremento della soddisfazione percepita più velocemente di quanto si accetti di flettere le proprie aspettative in seguito ad una flessione di quest’ultima.

Ma a questo punto la risposta più completa e più corretta dipenderà dalla particolare forma della nostra “curva della soddisfazione” e, quindi, dal grado di rigidità delle nostre aspettative rispetto alla soddisfazione percepita..

 

Qualcosa di più serio si trova in:

Boulding, Kalra, Staelin, Zheitaml (1993), “A Dinamic Process Model of Service Quality: from Expectations to Behavioral Intentions”, Journal of Marketing Research, XXX, February, 7-27, University of  Florida.

Cipolla (1988), Allegro ma non troppo, Il Mulino, Bologna.

De Santillana (1985), Fato antico e fato moderno, Adelphi, Milano.


 

Appendice

In simboli, la seconda legge della soddisfazione, unitamente alle considerazioni derivate dalla quarta, comporta che:

SA(T,i) = f[SA(T-1,i)-SP(T-1,i) ; X(T,i)]

 dove X indica un generico insieme di variabili esogene all’individuo i che influenzano la sua soddisfazione attesa e f indica una certa relazione funzionale.

Le terza legge implica invece che:

SP(T,i) = g[SA(T,i); Z(T,i)]

dove Z indica di nuovo un generico insieme di variabili esogene all’individuo i (che potrebbero essere anche del tutto diverse da quelle contenute nell’insieme X) che influenzano la sua soddisfazione percepita e g indica una certa relazione funzionale.

 

Inoltre:

il tasso di variazione della soddisfazione attesa rispetto alla soddisfazione attesa rispetto al tempo precedente sarà positivo (cioè la derivata parziale di SA(T) rispetto a SA(T-1) sarà positiva), mentre rispetto alla soddisfazione percepita al tempo precedente sarà negativo (derivata parziale rispetto a SP(T-1) negativa), così come rispetto alla differenza tra soddisfazione attesa e percepita al tempo (T-1) (derivata parziale rispetto a SA(T-1)-SP(T-1) ancora negativa).

Il tasso di variazione della soddisfazione percepita rispetto a quella attesa sarà infine negativo.

 L’origine degli assi del sistema cartesiano in cui è possibile raffigurare la soddisfazione percepita e quella attesa può essere fatto coincidere con la media della soddisfazione percepita ed attesa calcolata sulla popolazione a cui appartiene l’individuo (ad esempio, i membri di una classe, o di un’azienda). 


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