La ruggine su tela è il risultato di un passaggio, un “qualcosa” che ci racconta ciò che è stato. E’ un segno. Il segno lasciato da una lastra in ferro di volta in volta preparata e messa in posa secondo un valore cromatico finale desiderato. Una sindone che gradatamente si governa. La lastra non è una e non è sempre la stessa… è qui che il “gioco sapiente” subentra prepotente.

Forse questa parola appartiene ad un qualcosa che fatica ad “appartenere”. Accade poi, però, che bastano due o tre spruzzi del suo significato più vero, e le scritture del tuo corpo ritrovano il sapore della pienezza in ogni molecola, un flusso che risale, forse, al tempo in cui quel bimbo che eri le sapeva già, così.

Può accadere, a volte, che l’adulto le ritrovi. E’ una adulto risvegliato che ha scoperto che adulti non bisogna esserlo mai, perché forse dire adulto significa smettere di essere selvaggi, paurosi, incoscienti, coraggiosi… nudi, come un bimbo che di fronte all’altro sa come.

Ruggine su tela significa giocare, ruotare intorno a una tela incorniciata con delle palanche da cantiere, danzare e veder danzare quelle lastre che una dopo l’altra penetrano nella tela per ore, posa dopo posa, giorno dopo giorno, pensiero dopo pensiero, ruggine dopo ruggine.

E’ la ruggine quella parte di te che vive in te usurpando spazio ad altro, a quell’altro che vorresti ma che non sei, magari a quell’altro che devi essere.

E allora accade che si ribalta tutto, le ruggini cominciano a uscire, così, disinvolte, e dicono: “noi siamo le ruggini di Pietro”, e poi ritornare bimbo…. da adulto.
 

 

 

 

 

 

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